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Il (mio) teatro fa pena

Partiamo da un principio: il mio Teatro può piacerti o meno, io stesso apprezzo alcune cose di più e altre meno del mio modo di Fare Teatro, ma non c’è dubbio che qualcosa, insieme al gruppo che dirigo, la stiamo facendo!

E te lo voglio raccontare, magari perdendo qualche minuto, perché non tutti sanno cosa può esserci dietro la creazione di un teatro, dietro la nascita di una compagnia teatrale, dietro la messa in scena di una commedia.

Ricordo perfettamente quando, circa 12 anni fa, dissi ad alcuni amici “Ragazzi, ho scritto una commedia!”

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Non mi piaceva la piega che stava prendendo il teatro dialettale, un teatro portato in auge da Nino Gemelli qui a Catanzaro, che stava diventando solo ed esclusivamente un teatro farsesco, quando io sapevo grazie all’esperienza nel Laboratorio Teatro Azione, che poteva essere anche molto di più.

C’era anche lo snobismo, ancora non superato, delle compagnie che invece facevano teatro in lingua, perché c’è sempre stata una distinzione tra teatro di serie A e teatro di serie B.

La mia commedia, che si intitolava e si intitola “Giù il cappello!” parlava una lingua unica, un dialetto misto all’italiano che è come mi esprimo costantemente io, e raccontava di una tale che voleva fare teatro e che avrebbe fatto di tutto pur di diventare un attore, fermo poi rendersi conto che non ha importanza essere un professionista e imbrogliare per diventarlo, quello che è più importante è capire che a volte i sogni possono realizzarsi con poco.

Ed è stata la molla che ha mosso tutto il nostro modo di Fare Teatro da quel giorno in avanti.

Facevamo le prove in una chiesa, condividendo lo spazio con altri gruppi, senza mai avere orari, senza strumentazione, solo ed esclusivamente basandoci sulla forza della nostra idea, che ci sembrava sempre più bella andando avanti nelle prove.

Ma abbiamo sempre voluto fare le cose per bene.

Pertanto abbiamo creato la nostra associazione culturale “Incanto” un nome poco dinamico, ma che rimarrà per sempre “incantevole”.

La nostra prima scenografia siamo andati a recuperarla, a raccoglierla sarebbe il caso di dire, nell’auditorium di Roccella Jonica: io e Michele ci siamo messi in un camion che un’altra compagnia ci ha prestato, e ci siamo tuffati nell’acqua che l’auditorium all’aperto  aveva accumulato negli anni, raccattando i pannelli buoni che erano rimasti e che ancora fanno parte del nostro parco scenografie; la prima di tante imprese.

Cosi come il primo spettacolo, un bagno di folla: l’auditorium Casalinuovo era traboccante di gente e abbiamo dovuto mandar via le persone in più: bellissimo!

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Ma non era poi così difficile trovare 500 persone per un unico spettacolo organizzato in un posto che, per la prima volta, ospitava teatro. Molto più difficile e più bello, secondo me, sarebbe stato preparare i ragazzi ad affrontare una seconda replica o un secondo spettacolo, realizzare un laboratorio teatrale, studiare la tecnica del Teatro che, a dire il vero, è identica sia che tu faccia teatro in lingua sia che tu faccia teatro in vernacolo: è Teatro, cambia solo il linguaggio.

E anche qui ti scontri con i pregiudizi della gente. “Il Teatro in vernacolo è spontaneo, salgo sul palco e faccio quello che mi viene, improvviso, non c’è bisogno di imparare la parte a memoria”

Niente di più sbagliato, almeno per me.  Così decidiamo di prendere un posto in affitto: attenzione, non avevamo una lira, ci siamo sempre autotassati e lo facciamo tuttora, ma all’epoca andare a spendere dei soldi per un fitto era di un assurdo che, a pensarci ora, mi domando come abbiamo fatto a metterci tutti d’accordo.

Nasce il Teatro Incanto, a Parco dei Principi, un posto che molti di noi ricordano con affetto perché è stata la nostra prima vera casa, con dei corsi di Teatro, con la nostra piccola stagione teatrale, con i saggi delle scuole che non avevano un posto dove andare.

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Un posto che abbiamo reso casa e che abbiamo lasciato con tristezza, che ha accolto sia grandi professionisti del teatro sia persone che volevano occupare in modo diverso il proprio tempo libero.

Non era un posto già pronto: come d’ora in avanti sarà tradizione abbiamo dovuto lavorare giorno e notte per rendere quel posto un teatro, con i camerini, le aule studio, gli uffici e soprattutto il palcoscenico, perfettamente funzionale e con un sipario bellissimo.

Quanto lavoro abbiamo fatto e quante soddisfazioni nonostante dei vicini non troppo felici del continuo viavai di macchine e un doppio furto in 15 giorni che avrebbe fatto arrendere chiunque, ma non noi.

Proprio in quel periodo, infatti,  iniziano delle collaborazioni importanti che ancora oggi ci fanno capire l’importanza del nostro operato.

La collaborazione con il Maestro Rosario Raffaele, un gigante della musica, gli spettacoli di Stefania Pascali, le compagnie catanzaresi che venivano a trovarci, l’amicizia nata con la compagnia Nuovo Teatro Aquila, che sostituì in extremis una compagnia che “ci aveva calato un pacco allucinante” 3 giorni prima della commedia, la collaborazione con il Dottor Giullare Matteo Belli, il più grande esperto sulla voce in Italia nonché grandissimo attore e insegnante, e tanti altri ancora.

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Momenti che non dimenticheremo.

 

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E tutti, sempre, a chiederci “Ma possibile che non guadagnate nulla? Possibile che non abbiate finanziamenti pubblici?” Possibile, si! Non abbiamo mai fatto nulla per soldi. Mai.

 

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Lo spazio a Parco dei Principi diventò troppo piccolo, il pubblico aumentava e non avevamo modo di sistemarlo nei nostri 99 posti, così la nostra stagione si spostò all’Auditorium Casalinuovo e la scuola in Via Lucrezia della Valle, uno spazio che nasceva solo come laboratorio teatrale.

Non è facile organizzare una stagione in un posto che non è il tuo, spostamenti, organizzazione, orari che non coincidono mai, permessi che fatichi ad ottenere, il montaggio delle scene che abbiamo dovuto fare di notte per essere pronti il giorno dopo… Quando sei abituato, con immensi sacrifici, ad avere un posto in cui sei libero di organizzarti al meglio, ti senti costretto in uno spazio che è alla mercé di tutti.

E infatti la mia meravigliosa squadra ha dovuto fare gli straordinari per riparare le sedie di un Auditorium che accoglie anche le scuole, per i bagni che ogni tanto facevano scherzi, per pulire, prima e dopo, un posto che continuava a rimanere di tutti. Un posto che non è un teatro ma è uno spazio in cui ci si adatta a recitare, in quanto a Catanzaro, escludendo il meraviglioso e troppo grande Politeama, non esiste un teatro.

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In tutto questo, nel frattempo, siamo arrivati ad oltre 40 produzioni in 10 anni…

“‘A rrobba ‘e tutti s’a mangianu i cani!”, questo mi hanno sempre insegnato intendendo che per quanto riguarda la cosa pubblica non c’è mai la stessa attenzione e la stessa cura che invece abbiamo per le cose di nostra proprietà.

Poi, come se non bastassero tutte queste difficoltà, 2 giorni prima di uno spettacolo ricevo una telefonata in cui mi viene annunciato che lo spettacolo non si può fare, l’auditorium non ha più il permesso di accogliere spettacoli dal vivo.

Non puoi immaginare come mi sono sentito: anni di lavoro per educare il pubblico alla terza domenica del mese, gli sponsor, la compagnia che avremmo accolto… una fiera!

Oltre a rimediare al danno che ci hanno causato, cerchiamo una soluzione stabile, un qualcosa che dia a noi e agli altri la sicurezza di poter Fare Teatro in un posto adatto, in un teatro! Niente più chiese, niente più auditorium, niente più strade o scuole. Un teatro.

Anche noi avevamo combattuto per salvare il Masciari, ma ci siamo resi conto che sarebbe stata un’impresa immane, economicamente e non solo, e ci siamo messi in testa di riaprire il Cinema Teatro Comunale, un teatro meraviglioso che negli anni aveva ospitato alcuni fra i più grandi attori italiani, Vittorio Gassman, Massimo Troisi, Gino Bramieri..

Trovata l’intesa con la famiglia proprietaria dello stabile (che nonostante il nome è un teatro privato) intesa per la quale impiegammo oltre un anno di tempo, tra incontri, accordi, leggi e leggine, cambi di rotta e virate improvvise, abbiamo cercato di trovare dei partner che ci aiutassero a realizzare l’impresa.

Niente, nemmeno stavolta. Qualcuno non poteva, qualcuno aveva paura, qualcun altro non era in grado e poi…Pool di imprenditori, sponsor arrembanti, finanziatori titubanti… tutto lasciava intendere che non c’era grande fiducia in questa follia razionale di cui sono stato artefice e motore, impresa che mi ha affascinato fin dall’inizio ma…

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ma non puoi sapere quante notti insonni a fare calcoli, a studiare la fattibilità della cosa, a lamentarmi perché forse sarebbe stato meglio lasciar perdere tutto.

Ma il dado era tratto, avevo già coinvolto troppe persone per arrendermi e smettere di credere in un sogno che non era più solo il mio, ma che apparteneva ormai a tutto il Teatro Incanto, una famiglia meravigliosa.

Perciò, prima con Stefano poi con tutta l’associazione, siamo riusciti a trovare le risorse necessarie per realizzare il nostro sogno, quella idea che era nata con Francesca, con Elisa, che si era rafforzata con Roberto, Sergio e che ormai aveva coinvolto davvero tutti. E anche stavolta, non è stato facile.

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Ovviamente nemmeno questo posto era pronto come teatro e, certamente, non avremmo potuto fare da soli i lavori necessari (si trattava di rifare l’impianto elettrico, ripristinare i camerini, riesumare il palco coperto dal cemento e soprattutto costruire una impossibile uscita di sicurezza passando in mezzo ai pilastri!)

Abbiamo cercato delle ditte estremamente professionali, preparate e collaborative che si sono messe a disposizione e hanno creduto insieme a noi nel progetto, sposando la causa e facendo enormi sacrifici: a tutte loro, a tutti i professionisti e tecnici va il nostro immenso grazie.

Oggi abbiamo riaperto il Comunale.

E’ una realtà, non più solo il sogno di un ragazzo che voleva dare valore al teatro dialettale.

Non più solo un modo per occupare il tempo libero di qualcuno (vallo a trovare adesso).

Oggi il Comunale è una speranza, un simbolo. La speranza di sapere che i sogni si possono realizzare con determinazione, con volontà e con la forza delle idee. Soprattutto con la forza di un gruppo che, nonostante le diversità o forse proprio grazie ad esse, rimane sempre unito e coeso con la prospettiva di una visione che guarda lontano.

Guarda a un teatro che non sia solo intrattenimento o cultura, ma anche un punto d’incontro, un centro a cui fare riferimento, uno spazio utilizzabile da tutti, un Cinema nel centro storico, cosi valorizzato a parole da tutti, cosi abbandonato nei fatti da molti.

Tu cosa vuoi fare? Vuoi stare ancora sul divano a lamentarti che non c’è nulla da fare o provi ad alzarti e ci vieni a trovare?

Passa da noi, parla ed esprimi la tua idea. Ricordati che da cosa nasce cosa e che tutto è realizzabile se lo fai con determinazione.

Perciò ricominciamo: magari il (mio) teatro fa pena, ma grazie al mio gruppo, è un teatro vero! Continuando a essere un sogno! 18342089_10155301449609084_3253064978660837040_n

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