Caratteristica principale di Nino gemelli, cosi come di molti altri grandi uomini di teatro, è quella di fare tesoro di ogni sua esperienza, andando a riempire di ricordi e di vita tutto il bagaglio della sua memoria. Infatti, curioso fin da bambino, figlio di uno dei più conosciuti panificatori della città, Filippo Gemelli, Nino vive nel quartiere, frequenta molti personaggi tipici della “ruga” catanzarese, osserva attentamente ogni evento e lo conserva, lo fa suo.
La giovinezza e l’adolescenza trascorrono serenamente, anche se i tempi sono durissimi (sono,infatti, gli anni della seconda guerra mondiale). È durante l’adolescenza che Nino si avvicina alla lotta greco romana, disciplina in cui eccelle e che gli consentirà, nei primi anni della sua attività artistica, di compiere gesti atletici che renderanno ancora più veritieri i suoi personaggi.
Un’altra attività che caratterizzerà anche il suo Fare Teatro degli anni a venire è quella lavorativa: svolgeva la funzione di Capo reparto delle opere civili e industriali dell’ENEL e fu brillante anche in questo settore. Non tutti sanno che i vari mixer luci e componenti audio fonici Nino li costruiva da sé, impiegando diverse giornate e, soprattutto, diverse nottate.
Si avvicina al teatro quasi per caso, cosi come accadono molte cose belle nella vita. A lui capitò di dover scrivere, interpretare e dirigere alcuni “Bozzetti” che poi sarebbero stati messi in scena nel 1974 per il circolo ricreativo dell’ENEL, di cui era presidente.
A questo seguì l’incontro con uno dei massimi esponenti culturali della nostra terra, Achille Curcio, il quale esortò Nino a scrivere una vera e propria commedia e lui decise di scriverla nella propria lingua, il dialetto catanzarese: com’era solito fare, non volle improvvisarsi e si mise a studiare accuratamente la lingua di Catanzaro realizzando la sua prima commedia, “’A scacammi n’atra” . La commedia, basata sulla semplice storia di una famiglia modesta che s’illude di poter trovare scampo alla miseria con il matrimonio della figlia, viene immediatamente rappresentata presso una comunità di calabresi in Svizzera e riscuote grandi successi.
A questa commedia simpatica ma semplicissima dal punto vista drammaturgico, segue “’A vucca è na ricchizza”, una tra le più conosciute commedie di Gemelli con una storia modernissima e molto più articolata della precedente . Anna, figlia sedicenne di Fortunato, è incinta e non vuole rivelare il nome del padre, causando scompiglio nella comunità e soprattutto nella famiglia che, dopo momenti di smarrimenti, crisi e lotte interne, capisce che bisogna rimanere uniti e che se la gente parla è solo perché “’A vucca è na ricchizza”
Nel frattempo Nino, sempre più uomo di teatro a tutto tondo, dirige e mette inscena diverse commedie di altri autori, tra cui un’epocale “Morte e Resurrezione di Cristo” che si ricorda ancora per il bellissimo allestimento scenico. La cosa non deve sorprendere: Nino infatti, nel 1977, aveva frequentato un corso teorico pratico di scenotecnica presso l’istituto del teatro dell’università “Los Angeles City College” di Los Angeles, in California.
Scrive e mette in scena, inoltre, uno spettacolo di mimica “ Armonia” e un cabaret musical-dialettale “ “E mbùccati chissu” che gli faranno capire che è tempo di studiare anche come nasce uno spettacolo, come si convogliano al meglio le idee sulla carta, come si scrive una commedia. Nel 1982, supera le selezioni per frequentare il corso di drammaturgia tenuto dal più grande di tutti, Eduardo de Filippo, presso l’università “ La Sapienza” di Roma. Lo stesso Eduardo, dopo appena un anno di corso, lo congeda con onore dicendogli: “tu, qui, non hai più nulla da imparare.”
Da qui in poi cambia, ed era inevitabile, tutto il suo modo di fare teatro per la propria città, perché immenso era l’amore che Nino provava per la sua Catanzaro. Basti sapere che Eduardo, che lo voleva scritturare per la compagnia di suo figlio Luca, si sentì rispondere di no, perché il suo sogno,il sogno di Nino Gemelli, era fare teatro nella sua città.
Inoltre, Nino si fece promotore di tantissime iniziative per la riscoperta e la valorizzazione del dialetto negli istituti scolastici della città di Catanzaro.
Nascono, dunque, le commedie e i drammi più belli tra cui “Bongiornu e aguri”, “Setta, ottu, nova e dècia”, “Turuzzu e Luvicia” e, su tutte, “’A porta ‘e l’ortu” un capolavoro del teatro dialettale, ispirato ed impreziosito dalla lirica “’A nunna” di Achille Curcio.
Oltre all’attività di scrittore, interprete e regista, fondamentale importanza ebbe la sua voglia di imparare e di insegnare il teatro, con la creazione di un laboratorio, il Laboratorio Teatro Azione, che diede modo a moltissimi attori di calcare per la prima volta le tavole del palcoscenico, e con la creazione di due piccoli teatri stabili, entrambi a Viale De Filippis che diedero i Natali a moltissime compagnie teatrali, vernacolari e non, che ancora oggi occupano la scena del teatro catanzarese.
Nino ha sempre creduto molto nei giovani e ancor di più nei bambini: una sezione del Laboratorio era interamente dedicata a loro, scrisse diverse fiabe, poesie e racconti per bambini, e i ragazzi che frequentavano il Laboratorio Teatro Azione prima e il Teatro Laboratorio poi, imparavano, oltre all’arte teatrale, una serie di nozioni e facevano mille esperienze che sarebbero state poi importantissime per il loro futuro lavorativo, sempre guidati dal poliedrico Gemelli.
Un vero e proprio punto di riferimento, e per l’attività drammaturgica (saranno più di quaranta gli scritti tra commedie edite, inedite, racconti e poesie) e per l’attività teatrale in genere con la creazione e il mantenimento della prima compagnia teatrale vernacolare e del primo teatro stabile del dialetto catanzarese.
Ci lascia tante magnifiche parole: quelle che mi piace di più ricordare sono: “Studia! Più studierai, più lacune saprai di avere”. (Zio Nino)