Come è noto, tutte le persone che si cimentano nell’arte del Teatro, incontrano sulla loro strada delle regole, le cosiddette regole dell’attore, delle tecniche che rendono più o meno semplice e interessante il loro ruolo sul palcoscenico.
Spesso chi fa teatro a livello amatoriale non conosce queste regole o, peggio, crede che queste non siano utili al lavoro dell’attore.
Io recito in dialetto e devo essere spontaneo;
a me la scuola non serve, salgo sul palco e faccio quello che mi viene;
noi non seguiamo il testo, abbiamo un canovaccio e poi andiamo a ruota libera.
Quante volte ho incontrato aspiranti attori che mi hanno propinato queste giustificazioni rispetto al fatto vero che non avevano voglia di impegnarsi. Perché il punto è proprio questo: la maggior parte delle persone che fa teatro per hobby (e non per passione, c’è una bella differenza) non hanno voglia di impegnarsi, magari nel dopo lavoro, a studiare la meravigliosa arte del Teatro.
Noi del Teatro Incanto (TeatroLab), eticamente nati dal Laboratorio Teatro Azione di Nino Gemelli e pertanto abituati a studiare da sempre, non siamo di questo avviso e sul palcoscenico preferiamo salire solo quando siamo preparati. L’errore, poi, può sempre capitare ma almeno siamo pronti a porvi rimedio, senza scatenarci in grossolane risate e senza giustificarci dicendo che non siamo professionisti.
Vorrei che il palcoscenico fosse come il filo di un funambolo, affinché nessun incompetente oserebbe rischiare di salire
Goethe
Oggi affrontiamo l’ABC dello studio del personaggio. (Studio del personaggio? E che è?)
E’ famoso l’aneddoto raccontato da Stanislavskij secondo cui un attore poverissimo, che aveva come guardaroba un’unica giacca che utilizzava nella vita di tutti i giorni, entrava in camerino, posava la giacca all’attaccapanni e la reindossava, stavolta da personaggio.
Dunque, quando un attore sale sul palcoscenico smette di essere se stesso, nella maggior parte dei casi, e diventa il personaggio che lo spettacolo richiede: un mago, un impiegato, Re Lear, Filumena, a seconda del testo che si mette in scena. Potrebbe essere anche uno spettacolo senza testo, uno spettacolo mimico, come quelli del grandissimo Mr. Ballon, Yves Le Breton, ma anche il quel caso l’attore diventa un personaggio con delle specifiche regole per attuare questa trasformazione.
Nel teatro di prosa o più nello specifico nella commedia, vi sono delle domande che un attore può farsi per “entrare nel personaggio”:
- Chi sono?
- Dove sono?
- Da dove vengo?
- Cosa sono venuto a fare?
- Dove andrò?
1. Chi sono:
è una domanda molto importante da porsi. Spesso gli attori entrano in palcoscenico senza avere ben chiara l’idea di chi siano, di quale personaggio stiano prendendo le sembianze e tutto quello che è il vissuto di quel personaggio e che, pertanto, lo rende unico, come unica è la vita di ognuno di noi. Quando per esempio diciamo che stiamo interpretando un impiegato, questo non basta, perché certamente quell’impiegato avrà un passato che renderà unico e particolare il presente che sta vivendo in scena.
2. Dove sono:
altra domanda fondamentale. Tutto cambia in base al luogo in cui mi trovo in quel momento. Potrei essere in cucina, alla stazione, al parco o al cimitero, il mio personaggio presenterà delle differenze sostanziali e soprattutto il suo carattere subirà delle diverse sollecitazioni.
3. Da dove vengo:
Questa domanda può essere letta su 2 livelli. Da dove vengo nel passato, quindi quali sono le mie esperienze affrontate in precedenza e da dove provengo,cioè da quale luogo immediatamente precedente , in modo da dare un significato anche al mio arrivo in quel determinato posto.
4. Cosa sono venuto a fare:
Se sono qui per pagare una multa, festeggiare il compleanno di mio figlio o uccidere il mio peggior nemico, certamente il mio stato d’animo sarà completamente diverso e il modo di interpretare una battuta sarà completamente intriso dal motivo per cui sono venuto qui.
5. Dove andrò:
rispetto alla vita di tutti i giorni a teatro abbiamo un vantaggio.
Sappiamo già cosa ci accadrà dopo. Non si può sfuggire: nonostante sia sempre possibile incappare in qualche imprevisto, la storia è certamente nota e sappiamo benissimo dove andrà Romeo dopo essere stato sotto il balcone di Giulietta. E’, quindi importante che l’attore ne sia consapevole ed è proprio qui che si vede la sua grandezza (se c’è). Il pubblico infatti non dovrà mai avere la stessa consapevolezza che ha l’attore, ma dovrà credere che il personaggio viva in quel momento per la prima volta tutte le sue avventure (Il famoso principio dell’Hic et nunc).
Per quanto riguarda i bambini, poi, io dò delle regole molto più semplici: i bambini infatti non hanno bisogno di conoscere le stesse regole dell’attore che invece necessitano agli adulti. I bambini non recitano: loro diventano questo o quel personaggio senza avere la necessità di ricordarsi chi siano e cosa siano venuti a fare. il problema è degli adulti che si creano delle “sovrastrutture” che gli impediscono di essere naturali.
Ai bambini, pertanto, affido le 7 regole del Teatro:
- Alzare la voce
- Alzare la voce
- Alzare la voce
- Alzare la voce
- Alzare la voce
- Alzare la voce e…
- Alzare la voce
E dovreste vederli, i bambini del TeatroLab, come si impegnano a ricordare tutte e 7 le regole del teatro.
Tu cosa ne pensi? Credi che queste “regole” possano essere utili o non servono a niente?
Tieni conto che, ovviamente, queste fanno parte di un discorso molto più ampio che affronteremo presto, il tema delle emozioni che nel teatro è di una importanza vitale ma che spesso viene tralasciato proprio durante le rappresentazioni.
Mi interessa un tuo commento e, perché no, una tua critica che, senza dubbio, potrà farci crescere.
Pensa, ad esempio, a come un attore del Teatro Incanto, si debba preparare ad affrontare la parte del mafioso nella prossima “MA FIno A quando…” che rappresenteremo il 26 marzo all’Auditorium Casalinuovo.
Quali saranno le domande che dovrà porsi e soprattutto le risposte?